Il progetto per una nuova ala destinata ai servizi per l’accoglienza presso il compendio di Villa della Regina, si inserisce in un luogo dove le testimonianze architettoniche e paesaggistiche del periodo di edificazione e dei quattro secoli successivi, raccontano e testimoniano non solo delle vicende storiche relative alla Villa stessa, ma dell’impianto urbanistico e ideologico dell’intera città di Torino, la città romana che diviene nel XVII secolo, nuova capitale europea.
Il progetto muove i suoi passi dalla lettura dei segni dei diversi sistemi che costituiscono il paesaggio aulico del compendio di Villa della Regina. In particolare si riconoscono, quali elementi cardine che confluiscono come direttrici all’interno dell’area di progetto, i segni del giardino all’italiana, l’esedra dei percorsi del parco posteriore all’edificio della villa e le linee lunghe dell’impianto del vigneto. L’idea di fondo del progetto nasce dalla volontà di inserire un nuovo volume che si contraddistingua come un grande pieno, capace di saturare e ricucire alcuni brandelli di spazio rimasti spogli in seguito alla completa demolizione del Palazzo Chiablese. L’astrazione dello spazio scenografico e concluso del parterre, sistemato con i quattro quadranti delle aiuole del giardino all’italiana, non ammette un nuovo insieme di segni complessi, pertanto il nuovo edificio si deve necessariamente inserire ad un livello semantico gerarchicamente inferiore, come un grande fondale pieno che costituisce una nuova quinta nell’insieme dei giardini.
Astrazione geometrica, quindi, semplicità formale e introversione poetica
(pur senza indugiare in sentimenti melanconici), questa è la cifra del nuovo edificio. Si tratta di far vivere l’edificio nello spazio già costruito, legandolo non soltanto al sito ma al mutamento della luce nelle diverse ore del giorno, fare piccante il rapporto–contrasto tra il paesaggio e l’edificio, tra lo spazio esterno e l’interno. Ne “Il Ramo d’oro” James G. Frazer ci introduce al concetto di magia simpatica, arte che si basa su atti che hanno forza per principi omeopatici, per imitazione o mimetismo: le cose possono influenzarsi, per una interazione a distanza, mediante una segreta simpatia attraverso uno spazio apparentemente vuoto. Nel nostro caso si tratta di stabilire questo contatto “impossibile” fra la nuova ala e il complesso monumentale della Villa della Regina, la dimensione aulica del compendio storico, il giardino, il contesto collinare con le vigne e le parti boscate. Il mimetismo, che in natura può essere criptico o fanerico, è in effetti la proprietà che può avere un organismo vivente di confondersi con qualche altra parte dell’ambiente che lo circonda, per occultarsi o per meglio apparire, a secondo delle sue caratteristiche e della sua strategia di sopravvivenza.
Il mimetismo criptico consente in effetti all’organismo vivente di stare accanto, senza gareggiare con il contesto; convivere, sopravvivere, per un atto di umiltà, senza appariscenza, senza competere con ciò che, superiore, sta di fronte (il contesto ambientale, in tedesco “das Gegend”, è ciò che appunto si contrappone e ci obbliga a fare i conti). E quando, come nel nostro caso, il contesto predomina, non sono ammesse prove di forza. Il nuovo organismo architettonico, incommensurabilmente più debole del compendio storico della Villa della Regina che lo accoglie, senza misurarsi in pericolose confrontazioni, senza contaminare il campo visivo con nuovi effetti speciali, sceglie la semplificazione delle forme come strategia mimetica, alla ricerca quasi di un “cono d’ombra”. L’effetto d’occultamento ha in un certo senso a che vedere più con la fisiologia dell’occhio dell’osservatore, con la psicologia e le modalità della percezione dell’osservatore. All’organismo mimetico è sufficiente non spiccare, non mettersi in evidenza, esserci senza essere visto, insistere senza esaltazione esibizionistica. Si tratta inoltre di “confondersi senza confondere”, senza cioè affollare la scena. Nel nostro caso sono d’altronde evidentemente improponibili melanconiche ricomposizioni, riproduzioni o ricostruzioni in stile, ispirate alle forme architettoniche storiche preesistenti, anche se ampiamente documentabili. La somiglianza con l’ambiente esterno o meglio con determinati dettagli strutturali di esso, non è raggiunta adottando meri criteri replicativi, non si riproducono necessariamente le stesse forme, gli stessi colori, né tanto meno gli stessi materiali presenti nel contesto. Piuttosto sono forme, materiali e colori nuovi che si relazionano al contesto appunto per astrazione e sintesi, per sublimazione adattativa. La contemporaneità si rivela non solo nella linearità delle forme, nell’astrattezza delle relazioni con il contesto, ma anche nella qualità e vivibilità degli spazi, nella “distanza temporale” segnata dai materiali utilizzati (calcestruzzo armato, acciaio strutturale, pannelli in Cor-Ten, vetro ecc.) e nelle soluzioni tecniche adottate.
cronologia
2010
localizzazione
Torino (TO)
progetto
Villa della Regina: nuova manica dell'accoglienza visitatori
Concorso internazionale di idee
Vincitore
Progettisti
Giovanni Battista Joan Oliva, Fabio Altomano,
Diego Polese, Walter Enver Domenico Dejana

















VILLA DELLA REGINA: NUOVA MANICA DELL'ACCOGLIENZA VISITATORI